TITOLO: Anatra Mandarina

Xilografia policroma a 12 colori, Anno 1998

 Tirature: 1

Tecniche impiegate in uso nel periodo EDO in Giappone:

Nishiki-E

Dipinti broccato, termine con il quale si prese ad indicare le xilografie policrome diffusesi a partire dal 1765 (incisioni su legno di pero o di ciliegio).

Bokashi

Stampa a colori sfumati

Kindei

Colore dato da polvere d’oro per coprire minime parti della superficie della stampa con motivi decorativi.

Kirazuri

Stampa a mica consistente nell’applicare particelle di polvere di perla e mica al fine di ottenere effetto argentato e brillante. Per la stampa dell’oro e argento.

Legno: Le incisioni per i contorni e per i clichées sono state eseguite su legno di ciliegio (Sakura)

Carta: Carta Pregiate Giapponese MISUMI da 10 gr

Misura della stampa: cm 22 x cm 31

Tema ispiratore:

Sopra la barca

ventri

di anatre mandarine

Haiku di Bashō

Cielo notturno

batter d’ali

di anatre mandarine

Haiku di Bashō

Quanto silenzio:

la neve disegna ali

di anatre mandarine

Haiku di Bashō

Senza cadere, senza ignorare;

un paio di anatre mandarine

si posano, dondolano, dappertutto.

 

Poesia Zen koan per raggiungere l’illuminazione

Maestro Cinese “Man-O-Myo

 

Firma: LIGUSTRO

NOTA

FLORA E FAUNA E, UKIYO-E, NISHIKI-E , HOKUSAI, HIROSHIGE, UTAMARO, KUNIYOSHI, KOBAYASHI KIYOCHIKA, SADAHIDE, YOSHITOSHI, MORONOBU, BASHŌ, MOTOORI NORINAGA

"Kokoro ni inochi wo utsushi fude ni koppō wo egaku wa gahō ni shite... kore shinga nari (Considerare, quale legge fondamentale della pittura, l'imprimere dentro di sé l'immagine della vita e il riprodurne la struttura con il pennello... questa è ciò che chiamasi pittura che sgorga dal cuore)"

Con tali parole Toriyama Sekien (1712 1788) iniziava il post-scriptum dell'Ehon mushi erami, una delle principali opere dedicate ad Immagini della natura. Autore delle illustrazioni contenute nei due volumi era un artista trentaquattrenne, allievo dello stesso Sekien. Il suo nome era Utamaro. Colui che doveva diventare il cantore per antonomasia della beltà femminile giapponese si affermò con lavori del genere kachō-ga.

Kachō-ga significa, letteralmente, disegni o pitture di fiori e uccelli; in realtà, vanno comprese sotto questo nome tutte le immagini di piante ed animali spesso, ma non sempre, accoppiate fra loro. Ovviamente, il genere era preesistente ad Utamaro, preesistente allo stesso Ukiyo-e.

Delle fasi più antiche non esiste, oggi, documentazione e la comparsa di pitture connesse con il tema kachō, all'interno dello Yamato-e, può soltanto essere ipotizzata, anche se comunemente ammessa (Calza, p. 61; Narazaki, 1970, p. 13) sulla base di fonti letterarie. Un discorso a parte meritano le caricature prodotte dal pittore Toba Sōjō Kakuyū (1053·1140), caricature di animali in aspetti e comportamenti umani e dalle quali derivò una produzione artistica che avrebbe goduto larga popolarità, sotto il nome di Toba-e (disegni alla Toba). durante il periodo Edo.

Il genere kachō-ga si sviluppò soprattutto in epoca Muromachi (1368-1573). sotto influenza della pittura Sung (960-1279) e Yüan (1280-1368); all'Ukiyo-e arrivò tramite la scuola Kanō (Toriyama Sekien che abbiamo citato sopra era, e. g., un pittore di formazione kanō) ai cui temi un poco si ispiravano gli artisti del mondo fluttuante, nel contempo volendosi misurare sullo stesso terreno. Kachō-ga produssero già i primitivi: il catalogo della collezione Vever (Il, 2) riproduce un'opera del 1673; Moronobu (1618-1694) illustrò un libro dal titolo Kachō e-zukushi (Una serie di fiori ed uccelli); con il 1700, gli esempi aumentarono grazie a Kiyomasu (cfr. Yoshida, I, p. 237), Masanobu, Toshinobu, Shigenobu, Shigemasa.

Dedicata agli abitanti del mare è una delle prime opere della stampa policroma; Harunobu (1724-1770) eseguì alcuni disegni, di sorta, fu però con Koryūsai che le raffigurazioni di piante ed animali si avviarono a diventare un genere all'interno dell'Ukiyo-e, se pur bisogna attendere Hokusai e Hiroshige per vederlo sviluppato appieno. Koryūsai segnò una tappa fondamentale: fino ad allora essenzialmente pittura ed incisione di bellezze femminili o di attori del Kabuki, l'Ukiyo-e poteva offrire adesso immagini di fiori ed animali realizzate con perfezione tecnica ed afflato artistico, dimostrando di non essere inferiore alle scuole classiche. Prova di quanto appena detto resero la serie degli uccelli esotici di Masayoshi ed i libri illustrati da Utamaro, autentici gioielli di bravura.

Hokusai (1760-1849), secondo la sua famosa affermazione nel post-scriptum al primo volume del Fugaku hyakkei (Le cento vedute del Fuji), soltanto “all'età di settantatré anni riuscì un poco a penetrare la struttura di pesci, insetti, mammiferi, uccelli e la forma di piante ed erbe" Il suo approccio alla natura è soggettivo; questa, come ogni altro argomento, viene da lui interpretata, personalizzata. Gli animali, ad esempio, sembrano talora possedere qualcosa di umano; troppo facili sarebbero i riferimenti ove è raffigurata una scimmia, ma tracce di antropomorfismo si trovano sparse in molti suoi lavori.

L'umanesimo in arte di Hokusai nulla rifiutava, quindi trattò anche paesaggi ed immagini dalla natura, con spirito, però, differente da quello di Hiroshige (1797-1858). cui viene sempre affiancato ed opposto . Di entrambi si deve sostenere la paternità sul kachō-ga come genere a sé stante nell'Ukiyo-e che, soltanto adesso, ne registrava la produzione in quantità oltre che in qualità; ma il più giovane Hiroshige era meno eclettico (trattò, possiamo dire, due soli generi: paesaggi e kachō-ga), meno “folle del disegno”, (come si firmava Hokusai), più tranquillo e sereno. Egli si poneva in religiosa adorazione delle forme circostanti, non ne cercava un'interpretazione, le accettava. Per questo suo atteggiamento, Hiroshige incarna, forse più d'ogni altro in campo artistico, l'animo giapponese.[1]

Dopo Hiroshige, realizzarono kachō-ga Kuniyoshi (1797-1861) e, in epoca Meiji, Kobayashi Kiyochika (1847-1915). Qui è presentato un polittico di Sadahide (1807-1873), il migliore artista ukiyo-e dopo che scomparve Kuniyoshi e prima che maturassero Yoshitoshi (1839-1892) ed il già ricordato Kiyochika, per arrivare, infine, a due stampe di Gekkō (1859-1920), stampe con le quali il nostro discorso può concludersi e siamo alle soglie del sec. XX. (Da notare l’importanza del nishiki-e)

Tocchiamo ormai l'ultimo argomento: il senso di questo genere di illustrazioni. Per quanto non manchino visioni oggettive della natura, l'approccio mentale è diverso da quello dell'Occidente. Laonde fugare ogni dubbio è bene dimenticare l'espressione "natura morta”, che, senza riflettere, può venire alle labbra: le nature morte con tanto di cacciagione appesa alle pareti annerite di una cucina o con tanto di carni sanguinolenti nella bottega di un beccaio sono praticamente assenti nell'arte giapponese. Le stesse uo-zukushi di Hiroshige, quasi sempre rappresentanti pesci fuori del loro ambiente naturale, soltanto parzialmente partecipano della natura morta. Conviene, forse, parlare di natura viva, e vive sono anche le erbe e le piante; del resto, è significativo che i giapponesi chiamino gli arrangiamenti floreali ikebana (fiori vivi).

La visione della natura è totalizzante: c'è l'approccio scientifico (nato piuttosto tardi, su influenza fiamminga), la funzione didattica, l'estetica, il gusto naturistico, la contemplazione mistica, i simbolismi. Ma sono le ultime voci le più importanti; mancando la suddivisione in: minerali, vegetali, animali e esseri umani, la natura, le cui forme di vita non sono considerate inferiori, non è, infine, realtà esterna e l'uomo vi si riconosce, vi si ritrova, vi legge od esprime i propri moti dell'animo: ecco allora i significanti ed i significati. Così, non è il cervo in quanto tale, ma in quanto malinconia dell'autunno; la carpa che risale una cascata è perseveranza e volontà indomabile; l'anatra mandarina è fedeltà coniugale. L'alternarsi stesso delle stagioni è fissato da fiori.

Naturalmente, l'interpretazione simbolica non è un'esclusiva dei giapponesi; si pensi al significato particolare assunto, in Italia, dal crisantemo, si pensi al valore dell'agnello nella simbologia cristiana, e che, in Oriente, la tigre possa essere figura di forza non ci sorprende. Ciò non vuol dire che i giapponesi non abbiano un rapporto privilegiato con la natura e tutti concordiamo con Hillier (1961, pp. 31-32) sulla venerazione che, anche nella vita quotidiana, essi, più d'ogni altro popolo al mondo, provano e manifestano per quella.

Comune passatempo, in epoca Edo, era la contemplazione dei ciliegi in fiore, della luna, degli aceri in autunno, della neve e, per quanto tali occasioni fornissero un motivo per fare bisboccia, hanami, tsukimi, momijigari, yukimi, possedevano un senso mistico. La poesia giapponese, poi, sia essa tanka (forma classica della poesia, in trentuno sillabe) sia essa haiku (epigramma in diciassette sillabe), offre continui richiami alla natura: Bashō (1644-1694) percepì l'infinito nel tonfo provocato dal salto di una rana in uno stagno; Motoori Norinaga (1730-1801) definì i fiori di ciliegio anima del Giappone, in un'accezione che interessa più la storia militare che una ricerca sul kachō-ga...

Ragioni d'ordine religioso sono alla base della sensibilità nipponica, in questo campo così profonda. Animismo dello Shintō e misticismo dello Zen, in modo diverso, ma spesso compenetrati, albergano negli animi, lo Zen avendo svolto un ruolo importante nell'arte pittorica.

Il legame instauratosi, diretto e soggettivo, fa ricercare, dunque, nella natura elementi, connotati, passioni proprie del mondo umano: ciò che era avvenuto nelle favole di Esopo e nelle fiabe in generale (che contengono, in nuce, credenze animistiche). Piante ed animali si caricano di simboli. Nel caso della fauna, la prima simbologia cui fare riferimento è quella zodiacale (uomo e natura, intesi non più come entità separate, hanno un logico nesso con l'astrologia, la quale sostiene connessioni fra moti celesti e vita terrestre): ogni anno è collegato ad un animale da una serie di dodici segni zodiacali giapponesi (jūnishi) ripetuti ciclicamente e che sono, nell'ordine: topo, bue, tigre, lepre, drago, serpente, cavallo, capro, scimmia, gallo, cane, cinghiale. Altre allegorie, d'ordine morale o semplicemente stagionale, potranno essere colte sfogliando cataloghi e libri e a queste, tradizionali, bisogna aggiungere quelle risultanti dalla  caccia, divertente e divertita, di nuovi valori attribuiti dalle kyōka (varietà umoristica della tanka): il gufo e gli occhi di una donna; il centopiedi alla cui bava l'autore avvicina la saliva dell'amata, dalla qual saliva, con scherzoso feticismo, vorrebbe ricavare un rimedio contro i foruncoli.

Un falco è riprodotto perché, anche in Giappone, esso veniva utilizzato per la caccia e la pittura di corte, cui la stampa è ispirata, raffigurava sovente "il buon falcon", al quale i feudatari del Sol Levante dovevano essere affezionati non meno di Federigo degli Alberighi. Ma ecco l'animale caricarsi di un significato particolare: una credenza vuole che i falchi catturino un uccellino e lo trattengano fra gli artigli, vivo, per scaldarsi al tepore del suo corpo durante le notti gelide e lo lascino, poi, libero al mattino, evitando, per quella giornata, di andare nella direzione da quello presa (cfr. Frabetti-Kondō). Il rapace viene ingentilito, reso magnanimo. E' un falso, ma sembra voler dire che non vi è crudeltà nella natura.

La simbologia dei vegetali è, forse, più complessa, fermo restando che il legame primario da spiegare è quello stagionale. E subito sorgono difficoltà, in quanto gli abbinamenti di fiori e lunazioni sono variamente composti. A scopo indicativo stiliamo un rapido hana-goyomi (calendario floreale):

prima lunazione

susino (ume)

seconda lunazione

ciliegio (sakura)

terza lunazione

pesco (mamo)

quarta lunazione

glicine (fuji)

quinta lunazione

ireos (kakitsubata)

sesta lunazione

peonia (botan)

settima lunazione

loto (hachisu)

ottava lunazione

acero (momiji)

nona lunazione

crisantemo (kiku)

decima lunazione

tè (cha)

undicesima lunazione

camelia (tsubaki)

dodicesima lunazione

narciso (suisen)

Il particolare legame esistente tra uomo e fiore, tra uomo e natura, può essere, infine esemplificato dalle due seguenti poesie, a primo avviso contrastanti:

Yo no naka ni

In questo mondo

taete sakura no

i ciliegi affatto

nakariseba

se non esistessero,

haru no kokoro wa

il cuore in primavera

nodokekaramashi

sarebbe più sereno.

(Ariwara-no-Narihira)

Morotomo ni

Insieme

aware to omoe

ci compiangiamo,

yama-zakura

o ciliegi montani!

hana yori hoka ni

Oltre ai vostri fiori

shiru hito mo nashi

io non ho nessuno.

(Dai-sōjō Gyōson)

Se il secondo autore ha bisogno dei ciliegi, ai quali attribuisce i suoi stessi sentimenti, Narihira non li odia, come potrebbe apparire ad una prima lettura. La loro caducità lo rattrista, spingendolo paradossalmente a preferire la totale inesistenza dei fiori, piuttosto che vederli appassire. E' un legame fraterno quello che unisce i due poeti alla natura, un senso di lirica malinconia; sentimenti così bene riscontrabili, con sfumature diverse, in tutta la letteratura giapponese e, in campo artistico, specialmente nelle stampe di Hiroshige.

ADRIANO VANTAGGI

Genova 1985

Consulente del Museo "Chiossone"

Prof. Adriano Vantaggi, nato a Genova nel 1949 dove vive e lavora. Ha vissuto in Giappone dal 1973 al 1975 con borsa di studio del Ministero della Pubblica Istruzione. Si è laureato in lingue e civiltà orientali presso l’Istituto Orientale di Napoli e tra i migliori allievi del Prof. Adolfo Tamburello. E’ un “Yamatologo” molto quotato. Già consulente del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, autore di numerose pubblicazioni e traduzioni dal giapponese. Accanto ad altri studi, si dedica da anni allo studio della storia dell’antica xilografia giapponese. Collabora inoltre con associazioni culturali dedite all’insegnamento delle arti, della storia e della letteratura orientali

 

[1] Per inciso, ricordiamo l'esistenza. al Museo "Chiossone” del Kōmō zatsuwa (Miscellanea sulla razza dai capelli rossi), opera rangaku  (i. e. di cultura europea), contenente anche tavole di botanica e di zoologia.

 

 

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