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TITOLO: Surimono omaggio di Ligustro a Hokusai

Xilografia policroma a 10 colori, anno 1993, anno del Gallo

Tirature: 4 con colori e carte diverse

Tecniche impiegate in uso nel periodo EDO in Giappone:

Nishiki-E

Dipinti broccato, termine con il quale si prese ad indicare le xilografie policrome diffusesi a partire dal 1765 (incisioni su legno di pero o di ciliegio).

Bokashi

Stampa a colori sfumati

Gindei

Impiego di polvere d’argento per dare rilievo a particolari finemente ricavati nella stampa.

Gin-Sunago

Scaglie e polvere d’argento cosparso sulla superficie al fine di ottenere effetti di luminosità su particolari cliché in modo da ricavare stampe perfettamente simili.

Kindei

Colore dato da polvere d’oro per coprire minime parti della superficie della stampa con motivi decorativi.

Kinpaku

Impiego di foglia d’oro al fine di ricoprire superfici anche estese sulla stampa.

Kin-Sunago

Scaglie e polvere d’oro cosparso sulla superficie al fine di ottenere effetti di luminosità su particolari cliché in modo da ricavare stampe perfettamente simili.

Kirazuri

Stampa a mica consistente nell’applicare particelle di polvere di perla e mica al fine di ottenere effetto argentato e brillante. Per la stampa dell’oro e argento.

Legno: Le incisioni per i contorni e per i cliché sono state eseguite su legno di ciliegio (Sakura)

Carte: Pregiate Giapponesi: Tairei, Misumi, Unryu

Misura della stampa: standard giapponesi Shikishi

Sigilli in cinabro cinese

Note:           Autoritratto inciso da Ligustro

Sigilli firma: in alto a sinistra Mon Augurale Monaco in meditazione, in alto a destra Mon Augurale Molti Colori Moltitudine di colori mi circonda, in basso a destra Kio-Shoku Pazzo del colore Ligustro

Ligustro che incide il suo autoritratto e la foto è stata fatta da Sandro Pesato, fotografo professionista di Imperia

Autoritratto di Hokusai, all’età di 83 anni, contenuto alla fine di una lettera indirizzata ad uno dei suoi editori. Disegno. 1842

Sigilli firma: in alto a sinistra Mon augurale L’onda di Hokusai, in alto a destra anno del Gallo, in basso a destra Kio-Shoku Pazzo del colore Ligustro

Ligustro si è da sempre ispirato al maestro Hokusai e, come quest'ultimo ha raffigurato trentasei vedute del monte Fuji, così Ligustro sta realizzando una serie di stampe, con la tecnica Nishiki-e, che raffigurano il borgo di Oneglia (oggi Imperia) immerso in diverse ambientazioni dalle molteplici tematiche.

La ribadita rappresentazione della città natale di Ligustro come soggetto principale sottolinea, ancora una volta, quanto l'Artista sia legato alla sua terra ed alle proprie origini.

Le prime sei opere della serie sono state realizzate nel 2012 mentre Oneglia con i libri è stata eseguita nel 2013; Oneglia con i colori pensanti , come previsto, è stata ultimata all’inizio del 2014 e nei primi mesi del 2014 - in occasione del suo novantesimo compleanno - inizierà l’incisione dei legni di Oneglia con i fuochi d’artificio.

Oneglia con i palloncini

Oneglia con i gabbiani

Oneglia con le farfalle

Oneglia con i fiori

Oneglia con la poesia

Oneglia con la musica

Oneglia con i libri

Oneglia con i colori pensanti


Da appunti di Ligustro presenti presso la Sala Ligustro per ricordare Hokusai

HOKUSAI MANGA E LA SUA GRANDEZZA

Il pittore Hokusai (1760-1849) ebbe una lunga esistenza e aveva settant'anni quando intraprese la grandiosa opera delle «trentasei vedute del Monte Fuji». Si può dire che, fino a quel momento, l'artista non avesse avuto un posto di particolare rilievo tra gli incisori di «Ukiyo-e», assai numerosi in quell'epoca. L'opera, quindi, non fu soltanto il resoconto dell'intera carriera artistica di Hokusai, ma, trattandosi della prima produzione paesistica vera e propria, fu in realtà un progetto gigantesco che faceva il punto sia sulla sua vita sia sul suo vero valore di pittore paesistico. Ci soffermiamo su quest'opera perché rappresenta il compendio di tutta l'esperienza artistica del pittore.

La raccolta di vedute del Monte Fuji riproduce il famoso Monte ripreso da diverse angolazioni. La scelta è però casuale, non predeterminata dalla particolare bellezza che esso poteva rappresentare, ed è dubbio infatti che Hokusai si sia mai veramente recato in quei luoghi. La cosa che si evidenzia particolarmente in questa serie è che tranne poche eccezioni come il «Gaifu-Kaisei» (il Fuji sotto un limpido cielo), ogni dipinto raffigura un'immagine di gente operosa. Sullo sfondo del Monte, a volte maestoso e a volte minuscolo, troviamo immancabilmente delle figure che rappresentano il gesto. Fra le trentasei immagini, ben venti sono quelle viste dalla città di Edo (Tokyo) e dintorni; qui il Monte rappresenta nel paesaggio un elemento caro alla popolazione che vive e che s'industria in questa città. Sicuramente l'obiettivo dell'artista era quello di dipingere il Monte Fuji anche per essere coerente col tema ispiratore, ma ciò non toglie che il suo vero intento sia stato quello di raffigurare la gente della sua città. I motivi paesaggistici e le figure servono a mettere in risalto ora il Monte ora la gente, ed è difficile stabilire se si tratti di un quadro ritrattistico con paesaggio o di un quadro di paesaggio con figure umane, tanto le due componenti si fondono in una totale armonia; il che fa rilevare l'efficace maestria del tutto nuova che l'autore è riuscito a creare per la prima volta. Si può pensare che questa insistente rappresentazione del Monte visto attraverso la vita di gente semplice sia l'espressione del suo amore verso il popolo e verso un animo oppresso della classe dei bottegai artigiani. La questione non è certo estranea alle condizioni socio-politiche della popolazione che in quel tempo si muoveva alla conquista di miglioramenti sociali. Nei suoi primi quarant'anni Hokusai si forma come pittore conformemente all'arte della seconda metà del XVIII secolo; parte di questo periodo detto Tenmei-Kansei (1785-1800), considerato culturalmente il più importante, era caratterizzato da un'arte aristocratica che aveva le sue radici nell'arte corruscante di Genroku (seconda metà del '600 - prima metà del '700) affiancata dagli artisti emergenti che miravano alla riorganizzazione delle strutture culturali promuovendo un nuovo spirito popolare.

E' il tempo in cui il sistema feudale dello shogunato dei Tokugawa comincia a sfaldarsi per i suoi contrasti interni e il disfacimento progredisce ora con celerità ora con rallentamenti ma non s'arresta fino alla restaurazione Meiji. In ogni modo, fra le varie cause della caduta del regime feudale giapponese, quella che non dobbiamo dimenticare è l'acquisizione di elementi dell'arte e della scienza occidentale da parte dei giapponesi. E' noto che nell'epoca di totale isolamento del paese, l'unico approdo aperto all'occidente era Nagasaki. I contatti con gli olandesi attraverso questo porto permisero ai giapponesi di accumulare notevoli cognizioni basate sulla cultura occidentale. Nonostante lo stretto canale che metteva in contatto Nagasaki con l'Europa, in Giappone l'arte occidentale prendeva piede come un'esplosione: come l'acqua costretta a scorrere in un angusto canale e che si espande poi violentemente quando trova la foce.

Quando nel 1774 Sugita Genpaku traduce «Kaitai-Shinsho (guida di anatomia e dissezione)», Hokusai aveva 14 anni. Successivamente, nel 1778, Satake Shokuzan pubblicò «Gahō-Yōryō», manuale di pittura con l'inserto delle tecniche europee; così anche «Rangaku-Kaitei» (introduzione alla lingua olandese) di Ôtsuki Gentaku nel 1782, e nello stesso anno Shiba Kōkan creava l'incisione su rame. Queste pubblicazioni sono solo alcuni esempi, ma l'impulso che dettero alla popolazione fu invero enorme e inimmaginabile, perché realizzati su buone basi culturali grazie alla larga diffusione del sistema educativo di quell'epoca. Hokusai, che era figlio di commercianti, visse appunto in quell'epoca.

Le visite dei mercantili stranieri, intanto, diventano sempre più frequenti, inducendo il governo a mettere in discussione la società feudale. Questo clima è avvertito immediatamente dagli abitanti di Edo, sede del governo centrale. La loro forza, fino ad allora repressa dal regime feudale, esplode con una tale energia che non basta più un semplice bando governativo per fermarla. Nel contempo, il rapido accrescersi della forza economica e culturale minaccia l'esistenza stessa dell'autorità centrale. Il clima non sfugge agli occhi attenti di Hokusai ed è proprio in quest'atmosfera che si forma il più grande artista popolare.

La cultura degli anni Bunka-Bunsei (1804-1829) sul finire dello shogunato, viene definita in genere dalla critica come un periodo di decadimento, e se ne attribuisce la causa alla vasta diffusione della cultura d'impronta popolare fin nelle sfere più basse. La cultura popolare è sempre stata considerata di natura decadente, pur interpretando questa considerazione storica con un margine di dubbio. In quel tempo la cultura aristocratica si era soltanto affievolita, soppiantata man mano dalla cultura delle classi inferiori che si andava invece sempre più affermando.

E' risaputo che Hokusai pubblicò la serie delle trentasei immagini del Fuji nel 1831, quindi immediatamente dopo il periodo Bunka-Bunsei. E se le figure popolari dell'opera di Hokusai acquistano uno slancio inaspettato, ciò è l'espressione dell'animo umano lungamente oppresso, come si è già detto in precedenza. Bisogna aggiungere che se tali immagini popolari hanno preso vita in queste opere ciò è dovuto anche alla mano sapiente di quel genio che è Hokusai, il cui virtuosismo si è perfezionato con instancabili studi ed esercitazioni di disegno, con acute osservazioni delle figure umane, il tutto maturato nel lungo periodo in cui l'artista viveva come semplice illustratore o come legatore di libri illustrati.

Sulla formazione artistica di Hokusai, (Catalogo della mostra presso « Istituto Giapponese di Cultura - Roma », Maurizio Bonicatti: «Vita ed opere li Hokusai», 1974, p. 33.) senza dilungarsi in molti dettagli, possiamo puntualizzare alcuni dati relativi alla sua capacità tecnica nell'abbozzare, poiché questa è la chiave che dobbiamo prendere in considerazione e che inevitabilmente ci porterà a leggere in modo giusto l'opera di «Hokusai-Manga» che stiamo trattando.

Riportiamo qui le sue parole ormai famose: «Fin dall'età di sei anni ho avuto la mania di disegnare le forme di tutte le cose. Solo dopo aver toccato la cinquantina cominciai a pubblicare in gran numero le mie immagini: ma tutto ciò che ho creato prima dei settant'anni non merita grande considerazione. Solo a settantatré anni ho appreso qualcosa sulle forme essenziali nella natura (animali, piante, alberi, uccelli, pesci, insetti). In conseguenza posso dedurre che sugli ottanta avrò fatto ulteriori progressi; a novanta potrò entrare nelle cause misteriose della vita; a cento poi raggiungerei uno stadio perfetto, ed a centodieci infine ogni mio intervento, anche un semplice punto o una linea, verrebbe ad essere animato. Scommetto di mantenere la parola con coloro che vivranno tanto a lungo quanto me per provarlo. Il vecchio folle per amore della pittura». In ogni riga traspare una grande sicurezza di sé insieme ad un illimitato anelito verso la perfezione artistica.

E' risaputo che Katsukawa Shunshō, il maestro del giovane Hokusai, era un eccellente pittore specializzato nel ritrarre gli attori di Kabuki, a! quale si rifecero anche Shunkō e Shun-ei, specializzati nello stesso genere, e che in seguito divennero attivissimi nel campo. Sono di questi anni le prime produzioni della pittura paesistica giapponese, un misto fra pittura realistica europea e pittura tradizionale Ukiyo-e sull'esempio di artisti come Shiba Kōkan che avevano studiato la pittura realistica occidentale. E nel periodo Temmei, anche pittori tradizionali come Kiyonaga adottarono nei loro dipinti di «Bijin-ga» (figure muliebri) questa nuova tecnica realistica impiegando solo i famosi quartieri di Edo come motivo di sfondo, cosa questa che conferiva alla tela l'illusione di uno spazio e di una dimensione maggiori. La nuova tecnica per la pittura paesaggistica venne portata avanti da Hokusai e in seguito da Hiroshige, due artisti che danno lustro all'ultimo periodo dell'era Edo, essendo ormai assenti due nomi altrettanto famosi come Utamaro e Sharaku. Fino alla realizzazione della raccolta del Monte Fuji, tuttavia, l'artista non sembrò aver lavorato molto su questo tema. Che cosa fece Hokusai fino a settant'anni? Si è detto che Hokusai dimostrò la sua abilità di disegnatore fin dall'età di sei anni, tanto che il maestro Shunshō gli concesse l'onore di premettere al suo nome il termine «Shun» chiamandolo «Shunrō». Il pittore Shunrō, però, per molti anni (da 20 a 35) non sembrò prestare particolare interesse per i ritratti degli attori Kabuki, eccezion fatta per alcune incisioni di pittura di costume. Dovremmo invece rivolgere la nostra attenzione al fatto che l'artista in quegli anni fece esperienza come illustratore di libri. Le illustrazioni xilografiche venivano inserite nei romanzi popolari chiamati «Kibyo-shi» (copertine gialle), edizioni scadenti non solo per la carta e per la stampa ma anche per il piccolo formato. Si capisce che questo lavoro non dava a Hokusai la possibilità di realizzare appieno la sua abilità artistica. Come incisore di prestigio con la stampa di un unico esemplare non avrebbe probabilmente trovato molto spazio a causa dei molti colleghi più anziani di lui e quindi con poche commissioni. L'attività di illustratore, invece, gli permetteva qualche guadagno e soprattutto gli era utile come esercizio di disegno. E' di questo periodo, come ci riportano i documenti storici, il suo interesse di scrittore di romanzi popolari, ma pare che Hokusai avesse rinunziato a quest'idea ritenendosi di scarso talento. Un'ultima cosa da segnalare in questo periodo su Shunrō, sono i primi tentativi di incisione col motivo di paesaggi, come «Il recinto del tempio di Asakusa», «Fuochi d'artificio sul ponte Ryogoku» e un dipinto di costume paesistico dove compaiono creature mostruose. Tutte queste opere firmate col nome di Shunrō lasciano intravedere la sua straordinaria capacità descrittiva dei futuri lavori come illustratore dello «Yomi-hon (edizione di novellistica)». E' molto significativo che Hokusai avesse iniziato a dipingere i quartieri di Edo a lui familiari prendendo lo spunto dalle pitture paesistiche di tipo tradizionale di Ukiyo-e, in voga in quegli anni seguendo il popolare pittore Toyoharu.

Per quanto riguarda la figura umana, Hokusai si rifà allo stile tradizionale dell'epoca: le figure femminili hanno un corpo esile, occhi allungati, naso a forma di uncino come una pennellata; oppure volti stereotipici perfezionati dal famoso Sharaku. In questi disegni è difficile scorgere quell'abile disegnatore che in seguito avrebbe creato figure umane così vivide e piene di movimento.

Nelle opere della fase successiva quando egli si firma con il nuovo nome di Sōri, notiamo che l'artista, oltre alla tecnica europea aveva acquisito due correnti delle maggiori scuole giapponesi, Kano e Tosa, e perfino dell'arte di pittura cinese «Min-ga». Il suo sforzo di approfondimento e di ricerca per gli studi più disparati è davvero sorprendente.

Nel decimo anno del periodo Kansei (1798) cambiò ancora il nome, questa volta in Hokusai, nome che portò più a lungo nella sua vita (22 anni fino al 1819) e col quale oggi tutti lo riconoscono. Durante la sua esistenza egli cambiò nome più di venti volte, e traslocò centinaia di volte, comprensibile motivo per considerarlo uno stravagante. Dall'età di 92 anni, il vecchio artista si firmò sovente con un nome che pressappoco suona «Vecchio folle per amore della pittura», firma che abbiamo già trovato nella sua famosa frase scritta nella prefazione all'opera «Cento vedute del Monte Fuji».

Coll'inizio del XIX secolo, cioè dal momento in cui l'artista assume li nome di Hokusai, le opere cominciano a manifestare le caratteristiche che le saranno proprie, prima nella produzione per i libri di «Kyōka» (versi comici), e poi in quella per «Yomi-hon». La moda di comporre versi comici (formati di 31 sillabe) ebbe la sua grande fioritura in Edo tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo. Il fenomeno era un'espressione a suo modo poetica del popolo che si ribellava contro il governo. Le raccolte illustrate e rilegate di questi versi cominciarono a diffondersi insieme alle altre stampe già in circolazione, riscuotendo un certo successo tra i versificatori e i letterati, ed anche tra i ricchi commercianti che le adoperavano come omaggio. Perfino pittori come Utamaro e Kiyonaga si cimentarono in questo lavoro, lasciando opere di notevole valore. Anche Hokusai doveva averci messo un grande impegno, come testimoniano alcune edizioni di alto valore come «Azuma-asobi» (1799) e «Itako-zekku» (1802), opere che rappresentano località famose. Le illustrazioni (figure e paesaggi) sono eseguite con minuziosa esposizione di dettagli e con perfetta tecnica nel creare la spaziosità, servendosi unicamente di tratti lineari e di nerofumo di resina per colore: una maestria inconfondibile che lo rese celebre in tutta Edo. Le famose ventinove località raffigurate nell'«Azuma-asobi» verranno poi riprese come motivi nei futuri lavori delle trentasei vedute del Fuji.

A questa esperienza segue un altro periodo altrettanto intenso: l'illustrazione libraria per «Yomi-hon», Hokusai non aveva mai mostrato fino ad allora molta bravura nelle immagini di Kabuki e nelle figure femminili, tant'è vero che ne dipinse pochissime. Perché mai questa scelta allora? Le spiegazioni sono due: la consapevolezza di non poter mai raggiungere il livello artistico di Utamaro, Kiyonaga o Shunshō, quest'ultimo suo maestro; o perché, essendo uno spirito orgoglioso, ambiva creare un modello del tutto nuovo nella pittura ritrattistica. A differenza delle produzioni per «Copertina gialla» o per i versi comici, «Yomi-hon» trattava generi più prettamente letterari, rimaneggiamenti fra il filone tradizionale cinese di sfondo grandioso e quello di Kabuki con intrecci imprevedibili tra il grottesco e il macabro dove i buoni prevalgono sui cattivi. Questo stile interpretava proprio l'esigenza e il gusto dell'epoca, in particolar modo quello di massa. Di formato più grande e di carta meno scadente, soprattutto con illustrazioni a doppia pagina, «Yomi-hon» offriva la possibilità al pittore di spaziare più liberamente con la fantasia. La novità per il contenuto letterario e per l'accuratezza dell'edizione fece esplodere in lui l'artista sopito. Hokusai sentiva finalmente di aver trovato lo strumento col quale poter estrinsecare tutto il suo essere. A partire dal quarto anno dell'era Bunka (1807) egli si concentrò sulle incisioni per «Yomi-hon» e pubblicò come prima opera «Chinsetsu-Yumiharizuki » del romanziere Bakin con il quale collaborò per diverse opere. Le produzioni di questo periodo contano cinquanta opere e i disegni eseguiti sono oltre cinquecento, E' vero che la collaborazione con Bakin contribuì ad accrescere la fama di Hokusai, ma, al tempo stesso, accrebbe anche quella del romanziere.

La possibilità di disegnare senza essere condizionato dai testi e la libertà di esprimersi con il proprio linguaggio diedero all'artista sicurezza e autonomia, tanto che alla fine di questa intensa attività Hokusai poteva dire di aver acquisito una padronanza e una facilità tale da disegnare qualsiasi oggetto gli fosse capitato. Nel contempo veniva affinando la sua sensibilità letteraria quando era richiesta, come nei soggetti storici, fantastici o surreali. La sua tecnica così si veniva sempre più perfezionando, il senso della spaziosità mediante i tratti lineari sollecitava la fantasia romanzesca; il suo interesse per le figure umane si accentua e l'artista esplica tutta la sua bravura conferendo loro armonia, ritmo e movimento. L'attività di illustratore gli procura anche un margine di guadagno superiore a quello di incisore di stampe di Ukiyo-e da cui proveniva il suo abituale mezzo di sostentamento ed al quale egli non rinunciò mai, perché una buona parte del guadagno veniva intascata dal suo editore.

Con le pubblicazioni di «Yomi-hon» la sua popolarità si accresce sempre di più; il pubblico apprezza la sua straordinaria arte di disegnatore ed è curioso di conoscerne il segreto. C'era anche un gruppo di artigiani che lo voleva come maestro. A questo successo, certamente, né Hokusai né l'editore erano rimasti indifferenti. Nel 1812 l'artista fece un viaggio nella zona di Osaka, dove incontrò studenti di pittura che lo conoscevano di fama e altri numerosi ammiratori che apprezzavano la sua arte. Maturò così nell'animo dell'artista quella convinzione che il suo destino era quello di corrispondere i sentimenti della gente che lo amava e di guidare i giovani verso un'arte sempre più elevata. Anche su suggerimento dell'editore Hokusai decise di pubblicare tre raccolte, di cui la più celebre è «Hokusai Manga» (1814-1878). Le altre due sono «Ryakuga-sō-shinan» (1812) e «Hokusai Gakan» (1813). Queste raccolte proseguirono anche in seguito.

In giapponese il termine «Manga» corrisponde alla parola «Giga», rappresentazione più o meno comica eseguita in schizzo. «Hokusai Manga», quindi, significa miscellanea di abbozzi per l'incisione e venne pubblicata dopo il soggiorno di Hokusai a Nagoya (1814) dove eseguì 300 disegni presso la casa dell'amico Bokusen. Inizialmente l'opera non era stata concepita come una raccolta. Dopo la prima pubblicazione (1814), «Manga» uscì più o meno con una frequenza di due tomi l'anno. Con il nono e il decimo usciti nel 1819, l'autore pensava di completare il ciclo, ma, visto il successo ottenuto presso il pubblico e forse sollecitato anche dall'editore, decise di continuare facendo uscire altri due volumi, l'undicesimo e il dodicesimo rispettivamente nel 1823 e nel 1834. Hokusai morì nel 1849 e nello stesso anno venne stampato ii tredicesimo volume. Ci furono poi altri due volumi, il quattordicesimo ed il quindicesimo, quest'ultimo uscito nel 1878 dopo la restaurazione di Meiji. Per quanto concerne le case editrici, il primo fascicolo fu curato dalla «Eifuku-ya» di Nagoya, mentre dal secondo al decimo vi fu anche la collaborazione della «Kakumaru-ya» di Edo. L'undicesimo e il quattordicesimo volume non recano il nome dell'editore, mentre il dodicesimo, il tredicesimo e il quindicesimo sono di nuovo della «Eifuku-ya».

Ad ogni modo, il valore di «Hokusai Manga» va considerato nel suo insieme di quindici volumi. Ogni fascicolo è di 55 pagine dal formato di cm. 23 x 16 e i disegni sono di varie dimensioni eseguiti alla rinfusa in uno spazio di cm. 17,5 x 12,4. Come si può vedere da ogni disegno, l'artista riusciva a cogliere tutti gli avvenimenti dell'universo con una acutissima osservazione sia per un soggetto storico o un soggetto di vita quotidiana o di vita spirituale sia per un oggetto della natura. Il contenuto dell'opera, come si è visto, è di carattere vario e, specialmente nei primi volumi, si trovano opere che non hanno alcun nesso logico. Per esempio, nel terzo volume abbiamo una serie di rocce multiformi, accanto a quattro divinità «Shitennō». Un altro esempio è dato da «Inari» (divinità della mietitura) con accanto altre statue di divinità messe di fronte a contadini che lavorano in cucina. Ancora, egli avvicina creazioni di fantasia ad oggetti presi dalla natura. Più avanti, nel quinto volume, ci imbattiamo nel bozzetto del Monte Fuji visto dal fiume e che funge da studio per una successiva composizione detta «Fuji sotto un limpido cielo», di tipo Ukiyo-e ed eseguito in un unico esemplare. Per quanto riguarda la quantità, si dice che la raccolta comprenda complessivamente 3192 disegni.

Un'altra considerazione interessante è che ogni tomo reca, accanto a quella dell'autore, una prefazione firmata da nomi illustri. Sono più o meno tutti amici o conoscenti dell'artista, tra i quali solo due, Ota Shokusanjin e Ryeitei Tanehiko, hanno lasciato un nome nella letteratura Edo.

Lo scopo della pubblicazione è indicato nell'introduzione di Kozan nel quarto volume. «...Colui che s'accosta alle squisitezze delle cose antiche ha un'arte sublime». Quando il maestro Hokusai, per la perfezione della sua arte, divenne una celebrità nella città di Edo, un gran numero di discepoli e ammiratori si cimentava nell'imitare la sua arte causando in tal modo un rialzo del costo della carta, tanta ne era la richiesta. «Tutti disegnano alacremente e senza sosta. l discepoli sospirano perché i manuali d'arte sono troppo scarsi». Il maestro, sensibile a tutto questo, in ogni suo momento libero disegna oggetti, la natura, gli uomini, gli animali e gli arnesi per soddisfare la sete dei suoi discepoli lasciando loro queste opere come manuali....(Oka Isaburō, Katsushika Hokusai volume VIII della raccolta di «Ukiyo-e», Shūiei-sha, Tokyo, 1974, p. 85). E' chiaro che la raccolta aveva un carattere didascalico per i principianti, ma la sua funzione di libro-guida per il disegno, con l'aumentare della popolarità dovuta alle sue qualità artistiche, si era tramutata in un'edizione illustrativa vera e propria. Il valore di «Manga», con il suo apporto culturale all'arte giapponese, non va visto solo come un semplice manuale didattico, ma va anche considerato nel contesto di quel fermento artistico che stava emergendo sul finire del regime feudale: la restaurazione di Meiji. Tanta vivacità tecnica non solo tocca i cittadini di Edo, ma varca il mare e approda in occidente dove ha l'onore di essere paragonata alle tecniche di pittori illustri come Rembrandt, Van Gogh e Goya. La collocazione di Hokusai nell'arte giapponese non è mai stata approfondita e per accertarsene più accuratamente è necessario vedere chi erano i veri acquirenti delle sue opere, e a quali categorie sociali essi appartenevano.

James A. Michener (J.A. Michener, The Hokusai Sketch-Books, Charles E. Tuttle Company, Tokyo, 1958, p. 39) dice che «Manga» veniva messo in vendita per le strade ed era acquistato dai cittadini di ceto medio-basso per il 78% e da letterati dell'alta società per il 22%. A parte la messa in vendita sulle strade, cosa improbabile per la semplice ragione che allora esisteva una corporazione per la vendita dei libri nella città di Edo, i dati delle percentuali indicati da Michener, di massima possono corrispondere alla realtà. La nobiltà dell'epoca, infatti, acquistava poco perché era incline a disprezzare piuttosto che ad apprezzare e questo accadeva anche per le incisioni di Ukiyo-e. E' molto significativo che anche lo storico americano F. Fenollosa, intenditore di arte giapponese, in occasione della sua visita in Giappone, definì l'opera di Hokusai «una vera degradazione del disegno». Inoltre, l'atteggiamento di discredito da parte della società aristocratica dipendeva forse dal fatto che proprio allora essa andava acquisendo una notevole conoscenza delle scienze naturali mediante le pubblicazioni occidentali clandestinamente filtrate attraverso Nagasaki (Michener, ibid, p.40); e se a qualche letterato le scienze occidentali erano estranee, almeno i classici cinesi gli erano familiari. Per questo la cultura di tipo confuciano della classe altolocata non permetteva di comprendere, né voleva condividere, lo spirito con cui il volgo s'identificava nell'arte di Hokusai o nelle novelle di «Yomi-hon». Non va dimenticato, però, che Hokusai era un buon conoscitore della scienza occidentale e, in particolare, non aveva mai interrotto le sue ricerche sulla tecnica della pittura e della prospettiva. Ciò fa pensare che, benché la massa lo considerasse uno di loro, l'artista apparteneva comunque all'ambito culturale dell'alta società. L'interesse per le tecniche occidentali è dimostrato anche dalla grande attenzione che egli ebbe per le incisioni di rame realizzate da Shiba Kōkan e Ahō-dō-Denzen, altrimenti non sarebbe stato possibile concepire le «Trentasei vedute del Fuji». La grandezza di Hokusai consiste nella sua originalità che è fuori dagli schemi tradizionali feudali e sociali. Ritornando alle sue opere, si può fare un paragone con le opere di Kazan e di Keisai, entrambi considerati i disegnatori più originali di «Giga». Kazan, di famiglia di samurai, aveva iniziato la pittura come mezzo di sostentamento, lasciando però alcune ammirevoli opere nell'arte giapponese. Tra le sue opere, a parte i ritratti realizzati con la tecnica europea, abbiamo una collezione di disegni che raffigura immagini popolari. Indubbiamente l'autore, come il collega Hokusai, vedeva la gente di basso ceto con sentimenti di calore e di comprensione. Soltanto che Kazan, com'è noto ritenuto una delle figure più singolari dell'epoca, si suicidò dopo aver attivamente parteggiato a favore dell'Imperatore contro lo shogunato militare. Anche il pittore di Ukiyo-e Keisai si cimentò nelle produzioni librarie di disegni, ma la sua opera intitolata «Shokunin-Zukushi-Ekotoba» deve essere considerata pittura di costume piuttosto che «Giga». Confrontando la tecnica di Hokusai con quella dei due artisti summenzionati, ci si accorge che la sua arte sembra essere permeata di originalità. Non essendo egli infatti vincolato da schemi tradizionali, il suo disegno è più libero e più moderno e le sue pennellate hanno una maggiore forza espressiva. Hokusai fissò sulla tela la vita della sua gente raffigurandone í gesti nei minimi particolari e la gente lo considerò uno di loro. Oggi, attraverso le sue opere, è possibile comprendere la vita e i sentimenti del popolo che visse in quell'epoca.

Per concludere il discorso sull'artista possiamo qui ricordare come la sua fama sia giunta in Europa. Secondo il critico giapponese Segi Shinichi, studioso di Hokusai (Segi Shinichi, Hokusai Manga Saijiki, Bijutsu-shuppan-sha, Tokyo, 1981), «Hokusai Manga» fu portato per la prima volta in Europa dal medico olandese Philipp Franz Von Siebold (1796-1866) il quale dopo il suo soggiorno giapponese (1823-1829), di ritorno in Olanda, pubblicò un libro intitolato «Giappone» (1832) ricavato dai vari materiali raccolti durante il suo soggiorno. Il fatto al quale si riferisce lo studioso giapponese sarebbe il seguente: tra gli oggetti e il materiale riportati da Siebold ci sarebbe stato anche un «Manga», in quanto il suo libro reca una riproduzione di Hokusai «Stranieri con il fucile» (sesto volume). La cosa è molto plausibile, ma l'episodio rimase li senza seguito. L'evento determinante che fece conoscere «Hokusai Manga» in occidente avvenne vent'anni dopo, quando nel 1856 fu scoperto a Parigi un volume della serie. Un litografo francese di nome Félix Bracquemond un giorno frugando fra le cartacce da imballaggio nella casa dell'estimatore Delàtre, trovò un volume di «Manga» che faceva da spessore per ceramiche cinesi. Questo fatto sarebbe tuttavia una leggenda perché nel 1856 il Giappone non aveva ancora un trattato commerciale con la Francia. Non sembra quindi probabile che le opere fossero state importate direttamente in Francia dal Giappone, ma forse apparvero a Parigi attraverso l'Olanda come accadde nel caso di Siebold. Comunque Bracquemond racconta che al ritrovamento dell'opera rimase estasiato per la meraviglia e la gioia, e avrebbe esclamato saltellando: «Hokusai! Chi è costui?». La notizia fece immediatamente il giro fra gli amici e i colleghi del litografici ed in seguito l'opera venne ammirata dai rappresentanti del pre-impressionismo fra cui Manet, Whistler e Dogas. «Hokusai Manga» li colpì unicamente dal punto di vista artistico. Per loro, il peso di Hokusai in Giappone era del tutto sconosciuto.

La gente di Edo, dopo essersi deliziata con i bozzetti di Hokusai cominciò a metterli nel dimenticatoio, proprio come accade oggi coi giovani giapponesi quando leggono uno dopo l'altro innumerevoli fumetti per poi accantonarli. Le stampe di Ukiyo-e e «Hokusai Manga», però emigrarono fra le carte d'imballaggio approdando sul continente europeo. Forse la stessa sorte toccò alla grandiosa opera «Le trentasei vedute del Monte Fuji».

MASAAKI ISEKI

Direttore dell'Istituto Giapponese di Cultura

Traduzione della signora Asako Hiraishi Amati

Roma, 1986

NOTA: Questa stampa di tipo Surimono è stata eseguita per gli amici intimi. Nel Giappone del tardo periodo Edo, c’era l’uso di produrre uno speciale surimono per festeggiare particolari ricorrenze nell’attività di circoli culturali o eventi simili di livello. Questi oggetti, da qualcuno definiti kubarimono (stampe omaggio pregiate) erano xilografie a tiratura molto limitata, come i nostri esemplari numerati, eseguite su cara pregiata ed arricchite con le più preziose raffinatezze incisorie; fuori commercio, venivano distribuite a membri e sostenitori di circoli o a famigliari. Ligustro riprende con questa sua insuperabile abilità che gli è propria, la simpatica usanza giapponese.

(Estratto relazione Prof. Adriano Vantaggi, nato a Genova nel 1949 dove vive e lavora. Ha vissuto in Giappone dal 1973 al 1975 con borsa di studio del Ministero della Pubblica Istruzione. Si è laureato in lingue e civiltà orientali presso l’Istituto Orientale di Napoli e tra i migliori allievi del Prof. Adolfo Tamburello. E’ un “Yamatologo” molto quotato. Già consulente del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, autore di numerose pubblicazioni e traduzioni dal giapponese. Accanto ad altri studi, si dedica da anni allo studio della storia dell’antica xilografia giapponese. Collabora inoltre con associazioni culturali dedite all’insegnamento delle arti, della storia e della letteratura orientali)

I preziosi biglietti “giapponesi” AUGURI SI DICE “SURIMONO”

 

Nulla di più esatto dell’affermare che i surimono sono i più bei biglietti d’auguri e di circostanza mai realizzati. Queste “cose stampate” (è la traduzione letterale) venivano prodotte in Giappone tra la metà del Sette e la metà dell’Ottocento in occasioni molto particolari e non per il mercato, ma per circolazione privata.

C'era a quei tempi una gran passione per i circoli letterari patrocinati da ricchi mercanti; samurai, editori. Ci si riuniva periodicamente e si facevano gare di poesia e calligrafia. In queste occasioni un pittore, a volte anche un poeta o un calligrafo, creavano una silografia a commemorazione dell'evento. In poche copie, impressa con tecnica raffinatissima e costosa, a molti colori, con aggiunta di polvere d'oro, argento, mica, a volte con l'inserzione di schegge di madreperla o altro materiale prezioso, era riservata alla diffusione fra i membri del circolo.

L'inizio dell'anno, corrispondente, secondo l'antico calendario lunare, al primo giorno di primavera e, grosso modo, alla metà di febbraio era il momento più propizio. Vi si facevano coincidere altre occasioni da immortalare coi surimono: la fondazione di un nuovo circolo, il mutamento di un nome d'arte, il passaggio di un attore a ruoli più importanti, secondo la rigida gerarchia teatrale di allora come di oggi, con l'assunzione di un nuovo nome-titolo.

I soggetti sono tutti impregnati di metafore e allusioni come le poesie che li accompagnano e i 'più .grandi artisti vi si sono cimentati. Alcuni, anzi, non hanno prodotto che surimono nella loro carriera grafica.

Pressoché ignorati dal grande collezionismo per molto tempo sono divenuti ormai uno degli argomenti di studio più appassionanti nel settore della silografia nipponica, anche per il gran numero di falsi d'epoca che sono stati individuati. In Italia hanno raggiunto l'apice della notorietà con la mostra che Helena Markus ha curato per il Centro Piemontese di Studi sul Medio ed Estremo Oriente a Torino due anni fa.

Roger Keyes è senz'altro lo studioso che, negli ultimi anni, ha maggiormente approfondito le ricerche su queste affascinanti opere dell'incisione. La pubblicazione, ora, per i tipi di Philip Wilson del monumentale The Art of Surimono costituisce un punto miliare non solo nella loro conoscenza in senso tecnico ma in rapporto ai vari ambienti letterari oltre che artistici e al peso esercitato nel mondo culturale in genere del Giappone proto-moderno.

The Art of Surimono è basato sullo studio della raccolta nella Chester Beatty Library di Dublino, una delle più importanti del settore non solo, per la rappresentatività, ma per la qualità e condizione delle prove. Sir Chester Beatty, che principiò la collezione nel 1954, affidandone la costituzione al massimo esperto vivente del settore, Jack Hillier, pose una condizione fondamentale e inderogabile: la perfetta condizione delle incisioni da acquisire.

Ma il lavoro di Roger Keyes non si limita, come del resto si può notare anche dall'altro volume di poco anteriore a questo: Surimono, a uno studio testuale delle singole opere. Lo storico dell'arte americano è invece preoccupato di fornire strumenti preziosi sull'intricato mondo dei circoli letterari, sulla loro implicazione con quello dei pittori e degli editori d'arte. Il libro contiene, oltre alla dettagliata catalogazione di centinaia di opere e alla lussuosa riproduzione di parte di esse, una appendice sui poeti (in alcuni casi sarebbe più equo dire scrittori di poesie) che iscrissero i loro versi, sul surimono.

Preziosissimo è l'accurato, specifico capitolo sulle copie d'epoca dei surimono quadrati di cui l'Autore ha ricostruito pazientemente i modi e i luoghi di provenienza sulla base di molta ricerca e di documenti rinvenuti in Giappone.        

prof. Gian Carlo Calza

Roger S. Keyes, The Art of Surimono. Privately published Japanese woodblock prints and books, 2 vv. Sotheby, sterline 150.oo

Idem, Surimono. Privately printed Japanese prints, pp. 199 ill. Kodansha. Internationa, US 50.oo.

Laureato all'Università di Pavia. Tesi: L'influenza dell'India nella formazione dell'Inghilterra moderna. Harkness Fellow del Commonwealth Fund of New York (1966-68). Vincitore della Fulbright scholarship del Governo americano (1966). Professore di Storia dell'arte dell'Asia Orientale presso l'Università di Venezia (dal 1971). Direttore dello Hokusai Centre for Japanese Arts dal 1990. Fellow della Japan Foundation (1975, 1995).Visiting Scholar - Columbia University (1989-90). Direttore dell'Hokusai Paintings Project - Università di Venezia e dell'Italian National Research Council (Catalogazione delle opere di Hokusai nelle collezioni europee). Consulente per la XIX Esposizione Internazionale Identità differenze, Triennale di Milano, 1996. Dal 1°novembre 2000 è membro del Senato Accademico dell'Università "Ca Foscari di Venezia", nonché Presidente del Corso di Diploma Universitario per Traduttori e Interpreti, sede di Treviso.

I surimono (lett. "cosa stampata") sono tra gli esempi più raffinati di silografia policroma apparsi dal primo decennio del Settecento. Di formato variabile, realizzati su piccoli fogli quadrati, piuttosto che in sottili strisce di carta verticali, o sviluppati orizzontalmente in grande dimensione (fino ai 57 cm), e dunque ripiegabili, erano perlopiù richiesti da committenze private, circoli letterari o poetici, case da tè, singoli individui. In comune avevano il fatto di essere pensati per un'occasione particolare, oltre che prevedere l'unione di pittura e calligrafia, spesso di versi poetici kyóka. Tuttavia la varietà di stili e soggetti rappresentati rispondeva all'utilizzo per cui erano concepiti, così che un surimono poteva divenire un semplice biglietto augurale, un invito a un concerto o a uno spettacolo teatrale, a un raduno poetico o a una cerimonia del tè, ma poteva anche essere un calendario illustrato, l'immagine da offrire al tempio o la commemorazione di un evento. In pratica una vera e propria forma d'arte grafica, spesso a scopo pubblicitario, a cui artisti come Hokusai si dedicarono con una vasta produzione che andò crescendo tra la fine del Settecento e gli anni sessanta dell'Ottocento, raggiungendo l'apice tra gli anni dieci e trenta dello stesso secolo. Come abbiamo già visto e scritto, Ligustro riprende questa sua insuperabile abilità che gli è propria, la simpatica usanza giapponese