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Stampa Cascate 5 D'acqua fluente Alba

 

Libera interpretazione delle cascate Zen di Kyoto ed un’ altra copia della stampa è nel preziosissimo libro di Ligustro IL LIBRO DEI GIARDINI GIAPPONESI (CASCATE)

Xilografia policroma a 58 colori, anno 2001

Tirature: 4 con colori e carte diverse

Tecniche impiegate in uso nel periodo EDO in Giappone:

Nishiki-E

Dipinti broccato, termine con il quale si prese ad indicare le xilografie policrome diffusesi a partire dal 1765 (incisioni su legno di pero o di ciliegio).

Bokashi

Stampa a colori sfumati

Karazuri

Stampa con parti realizzate con la sola pressione, senza colore, per ottenere il rilievo ed effetti tridimensionali.

Kinpaku

Impiego di foglia d’oro al fine di ricoprire superfici anche estese sulla stampa.

Kirazuri

Stampa a mica consistente nell’applicare particelle di polvere di perla e mica al fine di ottenere effetto argentato e brillante. Per la stampa dell’oro e argento.

Sabi-Bori

Metodo di incisione per ottenere nella stampa della calligrafia Giapponese l’effetto del pennello.

Legno: Le incisioni per i contorni e per i cliché sono state eseguite su legno di ciliegio (Sakura)

Carta: Carta pregiata Giapponese

Misura della stampa: cm 31 x cm 46

Sigilli in cinabro cinese

 

Traduzione Versi poesia presa dal libro Kokinshū :                      

Kaze fukedo                                        Seppure soffia il vento,

Tokoro mo saranu                              mai si disperde

shirakumo wa                                     quella striscia di bianche nubi

Yo o hete otsuru                                 è, ecco, l’acqua che scende

mizu ni te arikeru                                perpetua attraverso le generazioni

Firma : Sigillo in basso a destra LIGUSTRO BERIO, Sigilli in basso a sinistra RIGU LIGUSTRO, ZE-CO RICERCATORE DI ARCOBALENI LIGUSTRO


L'estetica del Kokinshū estratto

Il valore del IX secolo come momento di rottura appare evidente nel campo dello waka, la cui responsabilità nella trasformazione della percezione estetica è più facilmente comprensibile se si mettono a confronto due antologie di waka, il Man’yōshū e il Kokinshū (o Kokinwakashū, Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne). Il Man’yōshū è una raccolta privata le cui poesie furono scritte in massima parte tra la fine del VII e la prima metà dell'VIII secolo (il componimento più tardo porta la data del 759), mentre quelle del Kokinshū (compilato nel 905 su ordine imperiale) sono quasi tutte del IX secolo. La comparsa, circa un secolo dopo il Man’yōshū, della prima antologia imperiale di waka, appunto il Kokinshū, sta a dimostrare che nel frattempo la poesia in giapponese aveva acquisito una sua legittimità nella letteratura "ufficiale". Quest'idea della "letteratura ufficiale" era di derivazione cinese e spiega perché le prime antologie comprendevano solo composizioni in quella lingua. Persino gli esami per accedere alla carriera burocratica servivano a controllare la capacità di scrivere in cinese e non l'abilità ad esprimersi nella lingua natia. Con questo non si vuole affatto sostenere che dopo il IX secolo la componente cinese non facesse più parte dell'educazione degli intellettuali, ma è certo che il riconoscimento dato allo waka aprì nuovi orizzonti, fatto tangibile nelle due introduzioni al Kokinshū (una in cinese di Ki no Yoshimochi e una in giapponese di Ki no Tsurayuki) nelle quali è detto in modo esplicito che è lo waka, e non il poema in cinese scritto da un giapponese, la vera controparte della poesia shi così onorata in Cina. E forse non è stata una fortuita coincidenza che questa idea fu accettata nel corso della compilazione del Kokinshū, proprio nel momento in cui vennero interrotte le ambascerie alla Cina dei Tang.

A differenza del Man’yōshū, è molto probabile che alcuni poemi del Kokinshū fossero il risultato di utaawase. Gli utaawase, che ebbero inizio proprio in questo periodo, erano gare di waka durante le quali i poeti componevano su un tema prestabilito: le poesie venivano poi messe a confronto e giudicate per scegliere la migliore. Queste competizioni divennero parte integrante della successiva cultura aristocratica e rappresentano la definitiva integrazione dello waka nella cultura giapponese. Il giudizio sulla perfezione di uno waka, al di là del gusto personale del giudice di turno, si basava anche su certi criteri oggettivi e quindi la popolarità degli utaawase portò a un notevole sviluppo dei karon, i trattati teorici sullo waka. A questo proposito è già stato menzionato il Bunkyōhifuron di Kūkai. Stando a fonti più tarde (come il Toshiyori zuinō di Minamoto no Toshiyori dell'inizio del XII secolo), molti altri karon, come il Kisenshiki, sono anteriori al Kokinshū. Per tutto il periodo Heian non venne scritta una sola opera teorica sul monogatari: i numerosi karon stanno quindi a testimoniare la preminenza assunta dallo waka nei confronti dei monogatari.

Uno dei contrasti più evidenti tra il Man’yōshū e il Kokinshū sta nell'estrazione sociale dei poeti. Nel primo vi sono poesie di imperatori e di contadini delle province orientali, di aristocratici e di coscritti (i sakimori). Tra i poeti più rappresentativi della metà del VII secolo troviamo molti aristocratici, nel tardo VII secolo aristocratici e poeti laureati, e nell'VIII secolo numerosi intellettuali e anonimi di ogni condizione. Nel Kokinshū (che comprende 1100 poesie), circa un terzo dei poemi sono di autore sconosciuto, ma a giudicare dal contenuto espresso e dal vocabolario usato ben pochi appartenevano alla provincia. A differenza del mondo del Man’yōshū, quello del Kokinshū era un microcosmo riservato all'aristocrazia di corte e di questi poeti si possono evidenziare alcune caratteristiche. Delle 1100 poesie solo 15 sono opere di membri della famiglia imperiale (un imperatore, un'imperatrice e sei principi - otto in tutto), mentre gli autori identificati del Kokinshū assommano a 127. Inoltre, tra i poeti sono pochi i nobili di alto rango, gli altri appartengono alla piccola aristocrazia oppure sono monaci buddhisti o dame di corte. Rimane da sottolineare che tutti e quattro i compilatori del Kokinshū - Ki no Tsurayuki, Ōshikōchi no Mitsune, Ki no Tomonori e Mibu no Tadamine - che insieme forniscono circa un quinto del totale dei poemi, erano nobili di basso rango. Ki no Tsurayuki non andò mai oltre il quinto rango e pure Ki no Tomonori aveva lo stesso grado quando attese alla compilazione del Kokinshū. I dati biografici sugli altri due sono scarsi, ma stando alla prefazione in giapponese erano dei piccoli burocrati: nessuno di loro raggiunse mai il grado di Ōtomo no Yakamochi, che ebbe parte così importante nella compilazione del Man’yōshū.

L'organizzazione del Kokinshū fu senza dubbio alcuno il lavoro di intellettuali del tipo di Ki no Tsurayuki. Anche la letteratura Heian più tarda, sia in poesia che in prosa, fu opera di persone colte della bassa aristocrazia, uomini e donne, abbastanza vicine al centro del "potere da poter descrivere e commentare di prima mano la vita di corte, e allo stesso tempo quel tanto distanti da non rimanere invischiate nelle lotte per la supremazia.

Il successo dello waka come forma poetica indipendente e come anello di raccordo fra i vari gradi dell'aristocrazia di corte è senza dubbio legato al suo essere autoctono e alla sua forma linguistica unitaria. La lingua giapponese era stata presentata nel Man’yōshū unicamente con ideogrammi cinesi, nel Kokinshū invece compare in kana, anche se frammista a ideogrammi, ed è evidente che ciò facilitava di molto la lettura. Inoltre, nel Man’yōshū troviamo tanka, chōka e sedōka, ma tra le 1100 poesie del Kokinshū ci sono soltanto dieci tra chōka e sedōka. Le successive antologie imperiali (chokusenshū) anche in ciò non seguirono più il Man’yōshū ma il Kokinshū. Il tanka è molto più facile del chōka sia nella stesura che nell'improvvisazione, e una volta adottato come forma poetica preferita nel IX secolo e diffuso grazie al fatto di essere scritto in giapponese, favorì il proliferare di utaawase tra l'aristocrazia Heian e codificò lo scambio di poesie d'amore.

La base ideologica del fare poesia, in particolare il suo rapporto con il buddhismo, non cambiò in modo rilevante nel periodo del Kokinshū. Il pensiero buddhista dell'VIII secolo, il periodo che aveva visto la formazione dei monasteri di stato (kokubunji) e la cerimonia dell'apertura degli occhi del grande Buddha (Daibutsu) del Todaiji a Nara, non aveva lasciato tracce rilevanti nel Man’yōshū. Anche nella poesia del Kokinshū non troviamo segnali della preoccupazione buddhista per l'aldilà e non vi è alcuna presenza della cosiddetta "contemplazione del vuoto" propugnata da Kukai e elaborata dai monaci dello Hieizan, con un'unica eccezione:………………………….

Poesie del genere, rare nel Man’yōshū, sono invece tipiche del Kokinshū, la cui estetica dava molta importanza alle descrizioni della natura come poesie d’amore, in ciò ovviamente divergendo da quella del Man’yōshū. Il ben noto “sentimento per le stagioni” dei giapponesi (e il tema verrà poi ripreso e codificato nello haiku), ha molto probabilmente qui la sua origine, così come ciò che passa per “l’amore del giapponesi per la natura”.

 

 

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