La xilografia, Arte antica

a cura del Prof. Marco Fagioli

La xilografia, al pari della scultura, può essere considerata "arte senza tempo", a differenza della pittura che è sempre figlia dei secoli, della cultura e del luogo in cui si trovi a germogliare.

            Paradossalmente la xilografia, tecnica di incisione che consiste nello scavare con sgorbie la matrice in legno e al pari delle altre tecniche di stampa come il bulino, l'acquaforte, la litografia, è legata alla pittura, arte maggiore, richiede la stessa "primitiva" manualità che, nella lavorazione, esigono i materiali delle scultura, il marmo, la pietra e il legno.

            È pur vero che la xilografia, nella sua storia multiforme, dai primi legni gotici alla Grande e Piccola Passione di Albrecht Durer, fino ai legni di Edvard Munch, Felix Vallonton e Eric Gill nel Novecento, ha cambiato statuto sovente.

        In Occidente molti artisti non incidevano i loro legni ed erano semplicemente pittori che passavano all'incisione il disegno: anche in Giappone, i pittori della scola Ukiyo-e si limitavano a disegnare la stampa, alcuni tuttavia, e tra questi Katsushika Hokusai, avevano avuto un apprendistato di incisori.

La xilografia policroma, poco praticata in Occidente rispetto al bianco e nero, fino agli Espressionisti, come Ernest Ludwig Kirchner, Eric Heckel e Otto Mueller, che si dedicarono a questo linguaggio "anche nella illustrazione di libri" con esisti altissimi, al pari della loro pittura, è stata invece un genere che ha raggiunto il livello massimo di qualità estetica e diffusione nella sua storia, proprio in Giappone durante l'epoca Tokugawa, dal 1658 al 1868.

Le più antiche xilografie, da matrici di legno, conosciute nel mondo, rimangono ancor oggi quelle scoperte nel 1908 da Aurel Stein nella grotta dei Mille Buddha di Tunhuang, all'estremo confine occidentale della Cina; sono tutte immagini buddiste e le più antiche accompagnano la traduzione cinese di un Sutra, datato al 868 dopo Cristo.

Altre xilografie, dalla stessa grotta risalgono al 947 e 983 della nostra era ed assegnano alla Cina il primato nell'invenzione di questa tecnica a stampa, che nessuno contesta. Le più antiche xilografie stampate in due e tre colori, con i pigmenti ad olio, datano in Italia e Germania agli inizi del sedicesimo secolo, conosciute con il nome di stampa a "chiaroscuro", e portano il nome di autori come il celebre pitture senese Domenico Beccafumi e meno noti come Antonio da Trento.

Si discute ancora oggi se l'origine della xilografia policroma in Cina possa essere stata determinata dalla conoscenza di queste stampe occidentali, ivi recate dai Gesuiti, come ipotizzava E. F. Strange nel 1904, oppure se, come appare più probabile, i cinesi siano pervenuti a questa tecnica attraverso l'evoluzione progressiva del sistema di stampa, dopo una fase di colorazione a mano, documentata anche nelle immagini buddiste di Tun-huang e dal fatto che, durante la dinastia Tang, sono stati realizzati decori con procedimento di stampa a matrice in legno, in tessuti colorati di questo periodo.

In epoca moderna l'uso della xilografia ha trovato largo impiego, sia in Europa che in Estremo Oriente, nella illustrazione di testi religiosi e profani; tra le più antiche in Cina si ricordano quelle policrome del libro Shih Chu Chai Shu hua, 1625, (uso il vecchio sistema di traslitterazione perché così è riportato nella bibliografia occidentale), e del notissimo manuale di pittura Chieh Tzu Yuan (Il giardino del seme di senape), diffuso in diverse edizioni e che costituì il testo base per il training dei pittori prima cinesi e poi giapponesi.

L'uso della stampa xilografica arrivò al Giappone dalla Cina, ma come tutti gli studiosi sono concordi nel riconoscere, solo nel Giappone dell'epoca Tokugawa conobbe uno sviluppo senza pari a partire da Hishikawa Moronubu, il primo vero print designer della scuola Ukiyo-e, che nel 1658 illustrò il libro Kamo no Chomei Hoojoki sho, un epitome buddista.


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